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Pubblicato: Lunedì, 09 Maggio 2016 17:54
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Cassazione
Mobbing, senza l’intento persecutorio è demansionamento
La Corte di Cassazione ha chiarito che, laddove non venga accolta una domanda giudiziale di accertamento del mobbing proposta da un lavoratore, è possibile riconoscere allo stesso un danno biologico derivante dal suo demansionamento (sentenza n. 22635/2015).
In precedenza, la Corte d’Appello aveva condannato un datore di lavoro al risarcimento del danno biologico e di perdita di professionalità in favore di un dipendente tenuto inattivo per un determinato periodo di tempo. Ciò, nonostante avesse escluso che la condotta della società integrasse gli estremi del mobbing su cui si fondava la domanda del lavoratore.
La Cassazione ha confermato la pronuncia della Corte d’Appello in quanto il mobbing è una figura complessa e affinché esso si configuri è necessario che vi siano: una serie di comportamenti persecutori, la lesione della salute, della personalità e della dignità della vittima, il rapporto di causalità tra questi elementi e, infine, la sussistenza dell’elemento soggettivo.
Laddove uno di tali requisiti venga a mancare (in questo caso è escluso l’intento persecutorio e vessatorio), la Corte di Cassazione ha comunque ravvisato l’esistenza di un danno biologico derivante da una dequalificazione professionale, quale conseguenza dell’inattività o della scarsa utilizzazione del lavoratore volutamente decisa dal datore di lavoro.