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Pubblicato: Giovedì, 18 Giugno 2015 15:23
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L'EDITORIALE
Sei anni di tasse crescenti…Così non va!
E’ passato quasi inosservato il “Rapporto 2015 sul coordinamento della finanza pubblica” predisposto dalla corte dei Conti. Peccato! Un sindacato proiettato al futuro avrebbe dovuto dedicargli un seminario di approfondimento e spiegare cifre alla mano le realtà dei fatti a lavoratori e lavoratrici.
Qualche sottolineatura quindi noi pensiamo sia utile farla, con una premessa: essendo il Governo Renzi in carica da poco più di un anno, è evidente che il suo operato è solo sfiorato dalle nostre riflessioni ma è essenziale inquadrarlo nel contesto in cui l’Italia si dibatte.
Partiamo da qualche numero: dal 2009 al 2014, a dispetto della recessione, le entrate fiscali sono cresciute di 55 miliardi e la spesa primaria di 16. Va detto che l’incremento della spesa è dovuto alle sole prestazioni sociali, mentre sono crollati spesa in conto capitale e investimenti pubblici.
Il commento che segue è della Corte dei Conti: “le manovre attuate si sono tradotte in aumenti impositivi sul patrimonio immobiliare, sui consumi e sulle rendite”.
Così facendo da Berlusconi a Letta, passando per Monti, l’Italia ha scalato rapidamente le classifiche europee peggiori: primi come prelievo sui redditi da lavoro, secondi sui redditi di impresa, quarti nella tassazione sulle proprietà immobiliari. L’insieme di queste scelte scellerate ha portato il prelievo fiscale al 43,4% del Pil e sempre la Corte sottolinea come sia necessario allentare una insopportabile pressione fiscale che restituisca “capacità di spesa a famiglie e imprese”.
E qui entra in ballo l’attuale Governo, che nel suo frenetico “fare” si guarda bene dall’affrontare il problema dei problemi: come rilanciare la domanda interna, riducendo le imposte e puntando a tassi di crescita, al netto della inflazione, superiori all’1,5% annuo; unica strada perché la disoccupazione venga negli anni dimezzata.
Il Governo che sta facendo tante scelte, alcune sbagliate, altre giuste, gira alla larga dalle riforme strutturali che dovrebbe affrontare e che non sono quelle sul lavoro o sulla scuola, ma quelle utili a cogliere l’appello, quasi drammatico, della Corte dei Conti nonché quello che incessantemente avanziamo anche noi della UIL.
In primo luogo: un fisco che faccia pagare le imposte a tutti (nell’articolo a fianco dati da brivido) consentendone per questa strada la riduzione; un taglio della spesa pubblica improduttiva a favore di quella per investimenti. Come esempio possiamo evidenziare un dato drammatico: nel 1990 Italia e Francia avevano entrambe circa 5.500 chilometri di autostrade, alla fine del 2014 la Francia ha superato i 9000 e noi siamo rimasti al palo.
I professionisti del “tiriamo a campare” presenti in massa anche in questo esecutivo fanno finta di non sapere che l’effetto delle principali clausole di salvaguardia, inserite nelle diverse leggi di stabilità a garanzia dei conti pubblici, ammontano da qui al 2018 a oltre 70 miliardi e, quindi, senza quelle riforme strutturali del fisco e della spesa pubblica che la UIL anche recentemente è tornata a sostenere con grande forza il paese rischia ... di brutto.
Siamo in ritardo con il taglio delle agevolazioni fiscali (la maggioranza dei 202 provvedimenti varati in materia tra il 2008 e il 2014 le hanno estese).
Flop della lotta all’evasione: nello stesso periodo si attendevano 145 miliardi invece ne sono arrivati solo 64 (il 44%).
Su questo fronte il Governo del “fare” batte la fiacca così come continua a rinviare la eliminazione delle municipalizzate inutili e l’accorpamento dei centri di spesa.
Così non va, bisogna cambiare passo e soprattutto volontà politica.